Un tempo, un paio di millenni or sono, le palestre erano luoghi dove costruirsi. Costruire nel senso piu’ ampio del termine. Poco a che fare con il moderno fitness, culto del fisico, dell’immagine. Era probabilmente piu’ una questione di necessita’, di bisogno, anche di sopravvivenza a volte.
Nei ghetti neri in america le palestre di boxe rappresentano insieme un modo per stare lontani dalla strada, ed un metodo per disciplinare la rabbia che la vita nelle strade ti lascia in corpo, utilizzarla per migliorare la propria condizione,rilasciarla all’esterno, anziche’ implodere. In situazioni come questa la palestra torna forse ad assomigliare al proprio antenato.
L’esperienza delle palestre popolari sorte negli ultimi anni in alcune citta’ italiane nasce da un misto di considerazione politiche, dalla voglia di spendersi nel creare qualcosa di proprio, dove i principi di autogestione si possano esprimere liberamente, unito ad uno spiccato senso dell’autoironia e una tendenza a demistificareil culto della palestra come luogo dove scolpire la propria immagine da fighetto dove formare un fisico da moderno gladiatore.
Il tutto rinforzato dal bisogno reale di allenare il proprio corpo, di farlo in un ambiente senza eccessive formalita’, senza un rapporto mediato da una tessera, un mensile, un’iscrizione. Sono dei luoghi di gratuita’, sia per chi insegna che per chi le frequenta.Le palestre popolari sorgono in luoghi affatto neutrali e l’aggettivo “popolare” non si presenta certo come un aggettivo neutrale. Centri sociali, posti occupati, sono il terreno prediletto, non per forza l’unico, per queste esperienze. Le palestre popolari con tutti i limiti che possono avere (di spazi, di tempi, di voglia,di strutture, ecc…) rappresentano un tentativo interessante forse proprio perla disillusione che le contraddistingue: non si allevano campioni, non si formano atleti olimpici, ma riescono a trasmettere a volte qualcosa che serve piu’ nella vita, che sul ring o nella lotta a terra. Trasmettono il valore del sudore, la passione per quello che fai, indipendentemente dalle forme di agonismo o di competizione, ci si allena per migliorarsi, si suda e si lotta, in palestra come nella vita di tutti i giorni. E se insieme a questo si impara anche un po’di boxe, di lotta a terra, o di danza (nelle palestre popolari non si fa mica solo a botte…), e’ tutto di guadagnato.